RESPONSABILITA' CIVILE PROPRIETARIO DEL CANE

La norma più rilevante in materia è il disposto di cui all’art. 2052 c.c. secondo cui “il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”.

Partiamo dall’analisi della norma:

a)     “Animali” = la norma si applica a tutti i tipi di animali (quindi anche domestici) ma non alla fauna selvatica (posto che la selvaggina non è soggetta ad obbligo di custodia da parte della PA).

Questa norma non subordina la responsabilità per danni arrecati da animali a nessuna particolare pericolosità o altra caratteristica.

Anzi, essa precisa che tale responsabilità insorge:

-          Quando il danno è stato causato da animale sotto “custodia”

-          Quando il danno è stato causato da animale smarrito o fuggito

Qual è il soggetto responsabile dei danni cagionati da cani randagi?: In tema di legittimazione passiva nell'azione di risarcimento del danno provocato da cani randagi, va evidenziato, da un lato, che l'Ente sanitario è di certo più immediatamente coinvolto nel contenimento del fenomeno del randagismo, ma dall'altro lato il Comune è gravato da rilevanti obblighi di controllo e di vigilanza del territorio, che non possono ritenersi venuti meno in conseguenza del conseguimento della maggiore autonomia giuridica da parte delle ASL. Da ciò deriva che va affermata la responsabilità solidale dei due enti, parimenti responsabili e parimenti legittimati passivi nell'azione di risarcimento del danno (Tribunale Frosinone , sez. I , 22/09/2021 , n. 889)

b)    I soggetti responsabili:

- I proprietari (e se l’animale è in comproprietà fra più soggetti, questi sono entrambi tenuti in solido nei confronti del danneggiato)

- Gli utilizzatori = coloro i quali, avendo la disponibilità dell’animale, possono esercitare su esso un pieno governo (Cass. civile sez. III n. 7703 del 2015). La responsabilità di chi si serve dell'animale per il tempo in cui lo ha in uso, ai sensi dell'art. 2052 c.c., prescinde sia dalla continuità dell'uso, sia dalla presenza dell'utilizzatore al momento in cui l'animale arreca il danno (Cassazione civile , sez. III , 04/02/2014 , n. 2414).

Se vi è dissociazione tra proprietario e utilizzatore, la responsabilità graverà sull’utilizzatore per il periodo in cui ha in uso l’animale. Tribunale sez. III - Pavia, 12/05/2022, n. 662: In tema di danni provocati da animali (ex art. 2052 c.c.) se vi è dissociazione fra proprietario e custode, la responsabilità grava sul secondo e non sul primo, fermo restando che per custode si intende non chi detenga l'animale per conto e nell'interesse del proprietario (quale il dipendente, lo stalliere, etc.), bensì chi lo gestisce autonomamente e in modo indipendente.

N.B. è responsabile il mero custode dell’animale?

1) TESI TRADIZIONALE: sì. È, infatti, da ritenersi responsabile chiunque abbia il potere di controllo sull’animale e quindi anche colui che custodisce l’animale, a qualunque titolo.

Esemplificativamente, secondo questa teoria, sarebbe responsabile del danno cagionato da un cane non il proprietario dell'animale, ma il proprietario della pensione in cui lo stesso era ospitato.

2) TESI DEL RAPPORTO D’USO (tesi prevalente): no, non vi è responsabilità del mero custode in quanto non trae alcuna utilità dall'animale (cuius commoda eius incommoda).

“Tribunale - Arezzo, 22/02/2022, n. 208: Lo speciale regime di responsabilità per danno cagionato da animali non si applica nell'ipotesi di mero affidamento dell'animale, allorquando il custode non ne trae alcun vantaggio. La responsabilità è da ricollegare non al potere di custodia, ma all’uso dell’animale”.

Esemplificativamente: 

i) non risponde chi detiene occasionalmente l’animale (gestore di una pensione) e nemmeno chi utilizza l'animale per incarichi affidategli dal proprietario dell'animale.

Cassazione civile , sez. III , 28/04/2010 , n. 10189: La responsabilità per i danni cagionati da animali non può imputarsi a chi utilizzi l'animale per svolgere mansioni o incarichi inerenti alla propria attività di lavoro, che gli siano stati affidati dal proprietario dell'animale medesimo, alle cui dipendenze, o nell'interesse del quale, il primo presta la sua opera (nella specie, è stata cassata la pronuncia di merito che aveva rigettato la domanda proposta da un sottufficiale del corpo di polizia municipale nei confronti del Comune, al fine di ottenere il risarcimento dei danni riportati mentre montava a cavallo per ragioni di servizio).

ii) risponde, invece, colui che si fa "prestare" il cane per fare la guardia al suo giardino in quanto fa uso dell’animale.

c)     Concetto di terzo danneggiato:

Se l’animale è dato in custodia e il danneggiato è lo stesso custode?

Soggetto terzo è chiunque venga danneggiato dal cane e quindi anche il custode alla luce della tesi del rapporto d’uso: Cassazione civile , sez. III , 28/04/2010 , n. 10189 “la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva respinto la domanda, avanzata da un componente del corpo di polizia municipale, di risarcimento dei danni conseguenti alla caduta dovuta all'impennata del cavallo da lui montato, sul rilievo che in quel momento l'animale era affidato alla custodia dello stesso danneggiato)”

Non può essere, invece, essere inteso terzo danneggiato colui che detenga l’animale per un interesse proprio (c.d. utilizzatore). 

d)    Responsabilità oggettiva o di colpa presunta?

- Tesi minoritaria: colpa presunta.

Secondo questa tesi, il proprietario non risponderebbe sempre e comunque di tutti i danni arrecati dall’animale, potendo dimostrare il caso fortuito. Il soggetto, provando il caso fortuito, prova la sua mancanza di colpa.

- Tesi maggioritaria: responsabilità oggettiva.

Cassazione civile sez. III - 16/04/2015, n. 7703 “La responsabilità di cui all’art. 2052 c.c., prevista a carico del proprietario o di chi si serve dell’animale per il periodo in cui lo ha in uso, in relazione ai danni cagionati dallo stesso, ha natura oggettiva, si fonda non già su un comportamento o un’attività del proprietario, ma su una relazione (di proprietà o di uso, che può anche essere temporaneo) intercorrente tra questi e l’animale e trova limite solo nel caso fortuito, ossia nell’intervento di un fattore esterno nella determinazione del danno, che presenti i caratteri della imprevedibilità, della inevitabilità e dell’assoluta eccezionalità.

Nell’ipotesi di responsabilità per danno cagionato da animali, all’attore compete solo di provare l’esistenza del rapporto eziologico tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo, mentre il convenuto, per liberarsi, deve provare l’esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere detto nesso causale, non essendo sufficiente la prova di aver usato la comune diligenza nella custodia dell’animale.”

Tribunale sez. II - Bolzano, 11/04/2022, n. 355: In virtù dell'art. 2052 c.c. il proprietario dell'animale è responsabile dei danni cagionati dallo stesso, sia che la bestia fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrita o fuggita, a meno che non provi il caso fortuito. Dall'assenza di ogni riferimento alla colpa, si evince chiaramente come la responsabilità delineata dalla menzionata norma si configuri come extracontrattuale di tipo oggettivo. Ed infatti tale responsabilità grava sul proprietario in base della mera relazione di custodia o disponibilità dell'animale - dunque a prescindere dalla condotta soggettiva tenuta dal proprietario - nonché del nesso di causalità fra il comportamento dell'animale e l'evento dannoso. La prova liberatoria è data pertanto dal caso fortuito, quale fattore esterno idoneo a interrompere il nesso eziologico”.

Si tratta di un’ipotesi di responsabilità oggettiva: provando il fortuito il soggetto non prova la sua mancanza di colpa, ma l’insussistenza del nesso causale. Il responsabile, difatti, può provare solo ed esclusivamente il caso fortuito e non è liberato anche se prova di aver custodito l’animale con la massima diligenza possibile.

In altri termini, il caso fortuito incide sul nesso causale e dunque sull’elemento oggettivo del fatto e non sull’elemento soggettivo.

Esemplificativamente:

-       se il cane, pur al guinzaglio, morde un passante, a quest’ultimo spetta il risarcimento

-       se il cane, pur legato alla catena nel cortile, scappa e morde un’altra persona a quest’ultima spetta in risarcimento. Ciò indipendentemente dalla colpa del padrone.

Il nesso causale può essere accertato tramite un ragionamento controfattuale: 

-   La condotta è condizione necessaria dell’evento se, eliminata mentalmente dal novero dei fatti realmente accaduti, l’evento NON si sarebbe verificato 

-   La condotta “non è” condizione necessaria dell’evento se, eliminata mentalmente, l’evento si sarebbe ugualmente verificato. 

e)     LA PROVA LIBERATORIA DEL FORTUITO: non consiste nel provare l’uso della normale diligenza nella custodia dell’animale o della mansuetudine dell’animale, ma è necessario dimostrare che il fatto si è verificato per CASO FORTUITO.

Per caso fortuito si intende la sussistenza di un evento inevitabile ed imprevedibile rispetto al quale non c’è difesa né contromisura.

In tale evenienza, il danno non è riferibile alla proprietà/custodia dell’animale, ma è riferibile a una circostanza esterna che va ad interrompere il rapporto di causalità custodia e animale.

La giurisprudenza ritiene che non vi è caso fortuito nel fatto improvviso e imprevedibile dell’animale, né in un suo repentino mutamento di umore, né che l’animale sia stato in precedenza tranquillo e mansueto:

- Cass. 7903/2015: l’imprevedibilità dell’animale non costituisce un caso fortuito che esonera da responsabilità il proprietario atteso che l’imprevedibilità costituisce una caratteristica ontologica di ogni essere privo di raziocinio (responsabilità gestore maneggio per i danni occorsi alla vittima caduta da cavallo).

- Tribunale sez. X - Milano, 07/10/2022, n. 7784 Il comportamento anomalo di animali causato da impulsi interni propri della loro natura, anche se imprevedibili ed inevitabili, non costituisce caso fortuito e quindi non esonera da responsabilità i loro proprietari o utenti. l’esistenza del nesso causale tra il fatto dell’animale e il danno è sufficiente per far insorgere la responsabilità.

f)     RIPARTIZIONE ONERE DELLA PROVA:

Cassazione 7260/2013: “spetta all’attore provare l’esistenza del nesso eziologico tra l’animale e l’evento lesivo, mentre il convenuto per liberarsi dalla responsabilità, dovrà provare non di essere esente da colpa, bensì l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere il nesso causale”.

In sede di un eventuale giudizio, all'attore compete solo di provare l'esistenza del rapporto eziologico tra il comportamento dell'animale e l'evento lesivo. Il convenuto deve, invece, fornire la prova del caso fortuito non essendo sufficiente la prova di aver usato la comune diligenza nella custodia dell'animale.